lunedì 18 ottobre 2010

A proposito dell'operazione Zhong Guo



Tratto da CGIL Camera del Lavoro Territoriale del 24.06.2010
di Franco Ferretti (segretario Camera del Lavoro di Reggio Emilia)


L'operazione "Zhong Guo" realizzata nei giorni scorsi dalla DIA a Reggio Emilia ed in altre località italiane contro decine di laboratori clandestini cinesi deve fare suonare, per l'ennesima volta, un serio campanello d'allarme anche nella nostra città.
In questi anni più volte la Camera del Lavoro ha denunciato le gravi violazioni del diritto del lavoro (sfruttamento del lavoro minorile, mancato rispetto delle più elementari norme contrattuali su orari di lavoro, retribuzioni salariali, 626, ecc.) che hanno spesso luogo nei laboratori tessili clandestini cinesi.
Abbiamo più volte affermato, e ribadiamo con forza questo concetto, che l'arrivo nella nostra provincia di migliaia di cittadini cinesi può e deve rappresentare una grande opportunità per la nostra terra: il confronto, l'incontro, la contaminazione con culture altre dalla nostra è una formidabile possibilità di crescita e di arricchimento per la nostra comunità.
Perché ciò si verifichi, però, è necessario che un fenomeno così massiccio, sia sul piano economico che su quello demografico, come quello che ha avviato la comunità cinese nella nostra provincia sia governato efficacemente.
I dati ufficiali della Camera di Commercio ci dicono che, alla fine del 2003, su 1.300 imprese attive sul territorio provinciale nel settore del tessile-abbigliamento ben 417 sono intestate a proprietari di origine cinese. Per dare un'idea ancora più precisa del carattere quasi tumultuoso di questo processo, basti pensare che le imprese tessili cinesi censite in provincia erano 247 nel 2000.
Il fenomeno del progressivo predominio che i laboratori cinesi hanno acquisito nel comparto tessile del tessuto economico provinciale è un eloquente paradigma di ciò che intendiamo quando parliamo di "qualità dello sviluppo", e quando sottolineiamo la necessità che la crescita socio-economica reggiana sia "più qualitativa che quantitativa".
E' facile intuire quale tipo di minaccia un pezzo di sistema imprenditoriale così destrutturato rappresenti innanzi tutto per le tante aziende artigiane e industriali della nostra provincia che le regole del diritto del lavoro invece le rispettano: si tratta a tutti gli effetti di concorrenza sleale. I primi a pagare gli effetti di questa forma di concorrenza, ovviamente, sono i lavoratori, costretti ad una impossibile competizione di costo che si gioca tutta sull'erosione dei livelli salariali, sull'intensificazione dei ritmi di lavoro,sulla flessibilizzazione degli orari e sulla precarizzazione dell'occupazione.
Non è sufficiente, che l'unica risposta, per altro indispensabile, che viene data a questo fenomeno sia quella dei controlli e delle sanzionatori degli enti ispettivi e delle forze dell'ordine.
E' necessario che Il sistema - degli enti locali, associazioni imprenditoriali - si attrezzi con strumenti e una politica idonea che impedisca di prosperare a quelle forme di impresa – italiane o cinesi che siano- che basano la loro competitività sulla violazione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Deve impedire che segmenti sempre più vasti del territorio provinciale cadano nelle mani di pseudo-imprenditori senza scrupoli, come quelli che gestiscono alcuni laboratori cinesi.
Reggio ha una peculiarità che rappresenta una grande ricchezza: è una città multietnica, è la terra delle oltre cento nazionalità che vivono, lavorano, pagano le tasse, e contribuiscono alla crescita economica, sociale e culturale della nostra comunità. Nella nostra terra la coesione sociale ha retto perché nel corso dei decenni le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori,hanno contribuito alla conquista e alla difesa del sistema di wellfare ed a garantire il mantenimento di un rapporto armonico tra le attività produttive esercitate ed il territorio.
Alla risposta che il sindacato deve proporsi di dare investendo sulla sindacalizzazione dei lavoratori cinesi così come è già avvenuto con gli altri lavoratori stranieri,deve seguire una iniziativa di tipo preventivo, che si realizza nella pianificazione e nel controllo degli insediamenti nel territorio,così come nel potenziamento delle attività ispettive e di controllo e nell'isolamento (economico, finanziario, ecc.) di quelle forme di imprenditoria nelle quali i ribassi di costo sono così marcati da non fare sorgere più che giustificati sospetti sulla violazione delle più elementari norme che devono sussistere nella competizione tra le aziende. La DIA ci informa che per ora nei laboratori cinesi, né in quelli registrati né in quelli clandestini, non si riscontra una vera e propria infiltrazione di attività malavitose. Ma è chiaro che non potremo rimanere molto a lungo immuni da questo rischio se continueranno ad esistere zone grigie, nella nostra economia, nella quale imprenditori di pochi scrupoli possono permettersi di violare in maniera brutale le più elementari regole del diritto del lavoro.

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